Recensione: Il grande Gorsky di Vesna Goldsworthy (Ediz. Mondadori, 2015).
Se avete in programma di leggere questo romanzo di
Vesna Goldsworthy, autrice serba naturalizzata inglese, vi consiglio
di dare un'occhiata alle note finali, fatelo prima di immergervi nel
libro, perché in quelle poche pagine c'è il cuore del romanzo.
La Goldsworthy racconta quanto sia debitrice a F.
Scott Fitzgerald e al suo Grande Gatsby, in effetti al lettore
appare chiaro, fin dai primi capitoli, che ad accomunare i due
romanzi non è solo l'assonanza del titolo: Il grande Grosky è, di fatto, un rifacimento del classico della letteratura
americana, rivisto in chiave modena e con grande attenzione alla
cultura russa ed est europea in generale. Sono infatti molti e
disseminati lungo tutto il racconto, a volte nemmeno così riconoscibili, i
riferimenti a scrittori e poeti russi, le cui opere sono state per
l'autrice "una casa lontano da casa". C'è una citazione di
Checov verso la fine del romanzo, che personalmente non avevo
riconosciuto, e che ho compreso solo leggendo le note finali.
Questo dimostra non solo la mia ignoranza in fatto
di letteratura russa, ma fa anche riflettere sul tipo di opera che
stiamo per leggere: Il grande Grosky è un romanzo colto,
intelligente, non tanto per la trama in sé (forse fin troppo simile
all'originale) ma per il modo in cui una storia americana, un
classico dei classici, è stata rivista e rielaborata attraverso il
filtro di una cultura completamente diversa da quella stelle e
strisce.
Nichols Kimovic (Nick), profugo serbo amante della
buona lettura, vive da anni a Londra e lavora in una vecchia libreria
nel centro della città; la sua vita è dimessa, è un uomo colto, ma
lo si può definire un solitario, uno straniero che fatica a mettere
nuove radici. Roman Gorsky è un oligarca russo, figlio del comunismo
sovietico ormai finito, ha accumulato miliardi con traffici illeciti
e anche lui è fondamentalmente senza radici, con la differenza che
la sua immensa ricchezza lo rende invidiato, temuto, venerato.
Gorsky chiede a Nick di aiutarlo a costruire la più
grande libreria mai vista in Europa, in quella che sarà la sua
nuova, incredibile, proprietà nel cuore del quartiere di Chelsea.
Una libreria speciale, con particolare attenzione all'arte russa,
perché il vero fine di questo folle progetto è riconquistare
l'amore di Natalia, la bellissima donna russa che ama da sempre, ma che gli ha peferito un uomo inglese, Tom
Sommerscale, con il quale vive, assieme alla figlioletta Daisy, in
una splendida dimora...proprio dirimpetto alla proprietà dove
sorgerà la reggia di Gorsky.
Il parallelismo tra questi personaggi e quelli
creati dalla penna di Fitzgerald è piuttosto lampante per chi ha
letto Il grande Gatsby (o ha visto una delle sue trasposizioni
cinematografiche): Nick Kimovic, l'osservatore esterno, è
l'equivalente di Nick Carraway, Gorsky è un Gatsby moderno, Tom e
Natalia Sommerscale sono Tom e Daisy Buchanan (il nome Daisy ricorre
peraltro anche qui, essendo Daisy la figlia di Natalia). Leggendo tra
le righe si potranno riconoscere anche altri personaggi.
Quello che rende Il grande Gorsky un romanzo
godibile indipendentemente dal predecessore è lo spaccato che offre
sulla "nuova ricchezza" in europa: è la super ricchezza
sfacciata che proviene da paesi storicamente poveri fino a qualche
decennio fa, come la Russia. I russi sono i nuovi ricchi che dettano
le mode, che piacciono ai tabloid di gossip, che comprano intere
squadre di calcio e ville da sogno. Non hanno bisogno di camuffarsi,
di cercare l'accettazione del resto della società, la loro è una
ricchezza esibita, pacchiana, sprecona; attira i comuni mortali, come
Nick, con aerei personali, isole private, feste da mille e una notte,
ma non è supportata, nella maggior parte dei casi, da una base
culturale, da ideali, da limiti o regole morali.
Il grande Grosky parla di denaro, ma racconta
soprattutto la solitudine dei suoi protagonisti. A parte Nick e la
piccola Daisy, salvata dall'ingenuità della giovane età, i
personaggi sono lontani, evanescenti, tristemente in balia del
proprio passato, del dio denaro, dei tradimenti.
Neppure Gorsky, che accumula soldi e fortuna con
l'unico scopo di riconquistare Natalia, come un perfetto eroe
romantico, è immune all'isolamento e all'infelicità: " troppo
intelligente per essere così ricco, e troppo ricco per essere
felice", come ben lo descrive lo Nick. Le sue origini ebraiche e
la potenza del suo impero sono solo una gabbia dorata: Roman Gorsky,
costretto a circondarsi da guardie del corpo, è, alla resa dei
conti, un uomo solo che ha perso la sua libertà.
E poi c'è Londra "rifugio degli espatriati del
mondo", la vecchia Chelsea, inglese fino al midollo, riservata e
dignitosa, contrapposta a quella "nuova" in costante
espansione.
"il luogo ideale per chi aveva i miliardi e per chi non aveva niente. La gente come Gorsky l'ha resa temporaneamente una grande città russa, una seconda San Pietroburgo, una nuova Mosca. I suoi figli, che vengono educati in costose scuole private britanniche, non conosceranno mai questo stesso impulso. Con il tempo anche loro diventeranno come gli inglesi. I nuovi conquistatori verranno dall'India e dalla Cina, spinti dal bisogno di spendere ed acquistare, esattamente come hanno fatto i russi, per un po' la città si concederà loro come un'amante, poi si butterà sull'ondata successiva".
Nella storia del libraio Nick Kimovic e del giorno in cui incontrò Roman Grosky troverete un racconto di amore, ricchezza e tradimenti, ma soprattutto un impietoso specchio dei tempi.
Ringrazio la Casa Editrice Mondadori che mi ha dato l'opportunità di leggere questo romanzo e vi segnalo che oggi è il twitter day dedicato a Gorsky, potete commentare o dire la vostra sul libro usando questo ashtag: #unamoredilibreria.
sono u'immigrata (quell'Est di Nick), certo non conquistatrice ma tuffatrice nella "cultura madre", e grazie per la spigolosa segnalazione!
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