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Recensione: Una famiglia americana di Joyce Carol Oates (Ediz. Il Saggiatore, 2014).


Buongiorno Lettori, oggi vi lascio il mio pensiero sul romanzo Una famiglia americana di Joyce Carol Oates. 
Non conoscevo l'opera di questa autrice, ma visto che la casa editrice Il Saggiatore sta pubblicando in questi mesi i quattro volumi, inediti in Italia, che compongono "Epopea americana" (Il giardino delle delizie, I ricchi, Loro, Il paese delle meraviglie), opera che è valsa alla Oates il National Book Award, e considerata la mia passione per le grandi saghe familiari nord americane, ho deciso di farmi un'idea dello stile di questa scrittrice con un titolo di qualche anno fa, Una famiglia americana, appunto. 

La famiglia è quella dei Mulvaney, Michael, Corinne e i quattro figli, l’America è quella rurale, piovosa, fredda e sferzata dal vento del nord dello stato di New York, dove i Mulvaney vivono in una grande casa di campagna immersa nella natura; mattoni e legno dipinto di lilla, un luogo incantato, un Eden dove i ragazzi Mulvaney crescono in un'atmosfera di allegro cameratismo, circondati da animali di ogni tipo. 
High Point Farm è il regno dei Mulvaney e i Mulvaney sono la famiglia del sogno americano: sposati nel dopoguerra, sull'onda del boom economico, Michael e Corinne si sono fatti dal nulla, lui imprenditore ambizioso e gran lavoratore, lei madre e moglie devota, sorretta da un'incrollabile fede cristiana. E poi ci sono i quattro figli, ragazzi "speciali", dal campione sportivo idolo del liceo locale, Mike jr., al piccolo Judd, il minore, passando per la bella cheerleader Marianne e per lo studioso, introverso e geniale Patrick. 

Stimati, popolari, invidiati. Fino a quando la cattiva sorte bussa alla porta di High Point Farm. Qualcosa di terribile accade nella notte di San Valentino del 1976 alla giovane e bellissima Marianne, l'unica femmina, la principessa di papà; si tratta di qualcosa di innominabile, destinato a far implodere la famiglia perfetta, scuotendola dalle fondamenta e lasciandola nuda davanti alla propria debolezza e a un perbenismo ipocrita che, durante la lettura, mi ha più di una volta fatto sentire a disagio. 

"In una famiglia, ciò che non viene detto è ciò che si cerca di sentire. Ma il rumore di una famiglia lo soffoca".

È una parabola discendente verso l'inferno, quella che ci racconta la Oates, niente e nessuno verrò risparmiato. Ciascun membro della famiglia la vivrà a modo suo, chi con rabbia, chi con senso di colpa, chi indugiando nell'alcool, chi mettendo la testa sotto la sabbia e pregando: unico comune denominatore, per tutti, un silenzio colpevole, una mancanza di reciproca fiducia, che porterà i Mulvaney a una vera e propria diaspora. 
Nei vent'anni successivi all'"evento" assisteremo a una serie infinita di ipocrisie, di strane, mutevoli alleanze, e di dolorosi tradimenti tra i membri della famiglia, che, trincerati dietro alibi inconsistenti e inutili preghiere, non saranno in grado di proteggersi e accogliersi vicendevolmente, di comportarsi da vera "famiglia", fino all'epilogo inaspettatamente dolce amaro. 

Questa corposa, amarissima, storia americana mi ha fatto penare non poco. Ne ho amato l'ambientazione, lo studio psicologico precisissimo dei personaggi, le grandi contraddizioni umane, raccontate in modo molto coinvolgente (ho provato odio, angoscia, commozione, ho pure versato una lacrimuccia), d'altro canto la mole del libro, le tante divagazioni e descrizioni di luoghi e personaggi secondari, hanno sicuramente reso meno potente l'effetto generale. Una lettura un po’ a singhiozzo, in cui capitoli di grande impatto emotivo, lasciano improvvisamente il posto a pagine francamente di troppo. 
Una famiglia americana è un romanzo impegnativo, richiede tempo e costanza, non è un libro che scivola via con leggerezza, ma è una storia che regala emozioni e che non si dimentica, malgrado una certa ridondanza.
Personalmente sono felice di aver letto questo libro e sicuramente proverò anche ad affrontare Epopea americana

Genere: Pregherò per te (ma intanto salvati da solo).
Pagine: 502.
Voto:                                  
 e mezzo.

Commenti

  1. Autrice che mi ispira molto, idem l'ambientazione storica.
    Certo, troppe pagine. Certo, troppo impegnativo per il periodo.
    Però, intuivo e tu me lo confermi, va letto.

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    1. Chi conosce più a fondo l'autrice mi ha detto che questo romanzo non è il migliore per iniziare. Credo che in realtà che siano tutti impegnativi. Provalo, quando hai un periodo soft!

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  2. Non ho mai letto questa autrice ma devo dire che mi ispira da parecchio. Chissà, magari mi butterò sul primo volume della serie ristampata

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    1. Potrebbe essere una buona partenza! Certo ho visto la dimensione di quel volume, ehm, direi notevole.

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    2. La mole di solito non mi spaventa... Chissà!

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  3. Io con la Oates ci ho provato un paio di volte, la prima fu proprio con questo romanzo. Ma niente da fare, tra me e lei non c'è proprio feeling!

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    1. Secondo me è troppo descrittiva e lunga per i tuoi gusti (un po' tipo Picoult e Strout, che se non sbaglio non ami tanto).

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  4. Ciao Tessa, aspettavo il "parto" ed eccolo, anche se mi sembra di capire che in fondo, nonostante le difficoltà, tu sia contenta di averlo terminato e proverai a leggere anche l'intera saga. Dalla tue parole però credo che mi terrò alla larga dal libro, perché il fatto che sia composto da "pagine di troppo" mi spaventa assai. Anche se...un po' mi ispirava. Grazie per la tua recensione, un abbraccio.

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    1. Qualche pagina di troppo c'è :( credo quindi che girerai alla larga! Un bacio a te!

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  5. Ciao Tessa, come sai l'ho letto tempo fa e ne conservo un buon ricordo. Certo è lungo, lento e ridondante come tu scrivi, eppure è ugualmente un libro di grande pregio. Di sicuro prima o poi leggerò altri libri di questa autrice. Recensione esaustiva e chiara, come sempre.
    Lea

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    1. Grazie Lea, magari proveremo insieme L'Epopea. Vediamo come ne usciamo!

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  6. mi sento molto in comunione con chi ha commentato prima di me. Sembra un romanzo emozionante ma sono combattuta per via della mole. io me lo segno, come sai prendo sempre da esempio le tue letture per scegliere anche le mie! un bacio e buon weekend

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  7. Di questa scrittrice ho letto."Una brava ragazza" totalmente sconclusionato e "Uccellino del paradiso" in cui dimostra il suo talento nel descrivere un certo tipo di società americana degli anni'70 perbenista e ipocrita.
    Trovo che il difetto maggiore sia la ripetitività,l'indugiare sugli stessi particolari,in poche parole,per i miei gusti è troppo prolissa.
    Però non la accostiamo alla Strout,per favore.
    Siamo su piani letterari diversi

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    1. Ciao Solsido. L'autrice in certi punti è prolissa, anche se il tema affrontato in questo volume è forte e ben scritto No, hai ragione, non è la Strout, non era mia intenzione metterle sullo stesso piano letterario, cercavo di accostare, per rendere l'idea alla collega blogger, autrici con uno stile molto descrittivo che raccontano temi importanti.

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  8. Ciao :) La Oates è una delle mie autrici preferite, secondo me a volte è troppo prolissa ma le sue storie sono sempre speciali. Hai provato con La madre che mi manca?

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    1. E' il primo romanzo di questa autrice che leggo, ma ne proverò sicuramente altri! Segno il titolo, grazie Lucrezia :)

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