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Recensione: Sei la mia vita di Ferzan Ozpetek (Ediz. Mondadori, 2015)


"Un'auto lascia Roma di primo mattino. Alla guida, c'è un affermato regista. Sul sedile accanto, l'uomo che da molti anni ama di un amore sconfinato. Dove stanno andando? Mentre la città si allontana e la strada comincia a inerpicarsi dentro e fuori dai boschi, il regista decide di narrare al compagno silenzioso il suo mondo "prima di lui": "La mia vita è la tua e ora te la racconterò, perché domani sarà solo nostra".

L'amore e la memoria sono i due temi portanti di questo secondo romanzo di Ferzan Ozpetek, regista che ho apprezzato in molti film degli ultimi due decenni.
Già dalle prime righe della sinossi appare chiaro lo spunto autobiografico che caratterizza tutto il libro, dove i ricordi del regista, giunto a Roma negli anni '70 dalla Turchia, si mescolano al dialogo, spesso fatto solo di sguardi e silenzi assordanti, che il protagonista tiene con l'amatissimo compagno di vita. I due sono in viaggio, la meta non è chiara, regna un'atmosfera strana, cupa, forse, dopotutto, non sarà una gita di piacere. Gli amici e gli eventi di una vita si rincorrono veloci, capitolo dopo capitolo. 
Ferzan Ozpetek ha raccontato più volte come le persone che lo circondano e i piccoli grandi fatti della quotidianità, siano, da sempre, spunto per le sue sceneggiature; i personaggi che animano le pagine di questo romanzo sono mutuati proprio dai suoi film di successo, da Le fate ignoranti, a Il bagno turco, a Mine vaganti.
Se avete visto questi film non farete fatica a ritrovare in Sei la mia vita la stessa atmosfera particolare: pranzi domenicali con enormi tavolate sul terrazzo di un palazzo romano, dove una moltitudine di personaggi bizzarri, a volte sopra le righe, incrociano le proprie complesse esistenze. 
C'è la trans egocentrica e linguacciuta,  tutta piume e ciglia finte, c'è Rossella, che cerca un figlio ma non vuole un compagno e che sceglierà un lungo e doloroso percorso per poter coronare il suo sogno, c'è la coppia, non certo convenzionale, in cui la moglie chiede un partner omosessuale per il marito: lei ha avuto una relazione saffica e vuole che il compagno possa sperimentare una trasgressione simile, ed ancora, registi e attori famosi, un principe cleptomane, un centralinista amante della recitazione.
E' un'umanità raccontata con l'affetto dei ricordi di gioventù, ma che personalmente non ha risvegliato in me completa empatia: i personaggi di Ozpetek, sempre in bilico tra dramma e ironia, realtà e fiction, funzionano bene sul grande schermo, ma rendono meno sulla carta stampata, dove perdono di brio e forse di originalità. 
C'è qualcosa di già "sentito" nelle righe di questa storia e c'è anche qualche luogo comune, mentre argomenti attuali e scottanti (le pari opportunità delle coppie gay, il matrimonio, la volontà di avere un figlio) sono trattati anche troppo frettolosamente. Il libro si legge con facilità, scorre, senza però lasciare quel qualcosa in più, almeno questa è la mia sensazione.
Struggente la parte che racconta del rapporto con il compagno, ma in questo periodo devo essere particolarmente acida, l'ho infatti trovata un po' ridondante e stucchevole. Questa, davvero, è solo una questione di gusto personale.
Rileggendo la mia recensione del precedente romanzo di Ozpetek, Rosso Istanbul (qui), ho ritrovato le stesse potenzialità e gli stessi dubbi sullo stile dell'autore.

Genere: Cinematografico.
Pagine: 228.
Voto:




Commenti

  1. Potrei recuperarlo. Il precedente non mi era dispiaciuto e, come regista, mi piace molto :)

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    1. Ricordo che ci eravamo confrontati, lo scorso anno, su Rosso Istanbul. Diciamo che preferisco Ozpetek regista a Ozpetek scrittore!

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    2. Ma l'Ozpetek regista, però, è un bravissimo scrittore. Alcuni brani di La finestra di fronte e Mine vaganti sono una meraviglia!

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    3. Hai perfettamente ragione! eppure le sceneggiature mi commuovono, mentre le storie sulla carta non mi prendono più di tanto. Forse mi mancano i colori, i visi, le espressioni (Ozpetek ha sempre diretto bene attori molto talentuosi), forse nei romanzi mancano i dialoghi (grandiosi) dei film, o forse..è solo una mia paranoia! Continuo a pensare che la parte di Rosso Istanbul in cui il regista torna a casa in Turchia, sia la migliore e la più intima e partecipe. Mi farai sapere!

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  2. io non ho mai letto nulla di questo regista, ma vorrei dargli spazio, magari con questo! ;)

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  3. Ho visto la maggior parte dei film di questo regista e mi sono piaciuti, forse mi ha lasciato qualche volta con l'amaro in bocca. Credo di capire dalla tua recensione mi sembra di capire che sia portato più per il cinema.

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    1. E' un'opinione del tutto personale, certo che i suoi personaggi mi emozionano quasi sempre al cinema, mentre sulla carta stampata non riesco ad amarli come vorrei.
      Grazie di essere passata!

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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