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Recensione: Tu che sei di me la miglior parte di Enrico Brizzi (Ediz. Mondadori, 2018)


Buongiorno Lettori, oggi è un giorno speciale, io e Lea (del blog Due lettrici quasi perfette) torniamo, dopo un lungo periodo, a lasciarvi una delle nostre recensioni a blog unificati. Abbiamo letto quasi contemporaneamente il nuovo romanzo di Enrico Brizzi, Tu che sei di me la miglior parte, ci siamo confrontate durante la lettura e oggi vogliamo condividere con voi il nostro pensiero. 

Vi dico subito che, per quanto mi riguarda, Tu che sei di me la miglior parte è un romanzo che ho davvero faticato a finire. Di Brizzi avevo letto Il matrimonio di mio fratello (qui la mia recensione), un libro bello e intenso, nutrivo quindi alte aspettative per questo nuovo titolo, la cui trama mi intrigava molto. 

Bologna, anni Ottanta: Tommy Bandiera, orfano di padre, cresce con la mamma Alice e la famiglia di lei. I racconti dell'avventuroso zio Ianez, i giochi condivisi con gli amici Athos e Selva fra cortile e parrocchia, e le prime, timide, relazioni con le coetanee scandiscono le tappe della sua crescita sino alla sconvolgente apparizione del vero amore. L'impareggiabile Ester, però, fa battere il cuore anche al nuovo arrivato Raul, che di Tommy diventerà la guida e la nemesi, il modello irraggiungibile e il "peggiore amico" capace di scortarlo attraverso le prove iniziatiche tutt'altro che innocenti dell'adolescenza. L'asimmetrico triangolo che li lega negli anni delle scuole superiori prenderà via via i colori di una tenera educazione sentimentale e di una conturbante lotta per trovare il proprio posto nel mondo; la meraviglia e la fatica del diventare grandi li metteranno di fronte a scelte non scontate e passi senza ritorno, tradimenti che li sprofonderanno nell'abisso della disperazione e inattese prove di lealtà capaci di riaccendere la fiducia, sino alla grande, incancellabile, avventura che vedrà i tre ragazzi protagonisti nell'estate dei diciott'anni. 

Corposo romanzo di formazione (543 pagine) ambientato nella Bologna degli  anni Ottanta e Novanta, Tu che sei di me la miglior parte racconta l'Italia della mia giovinezza attraverso la storia del protagonista, Tommaso Bandiera, dall'infanzia all'età adulta, dalle scuole elementari all'estate dell'esame di maturità. 

La ricostruzione di quegli anni, che oggi mi appaiono indimenticabili e così lontani, è uno dei punti di forza del romanzo, un vero e proprio tuffo nel passato per chi li ha vissuti, specie da adolescente. La musica pop e rock, le cassette TDK, i paninari e i punk, gli zainetti Invicta, la vespa: l'effetto nostalgia è garantito, Enrico Brizzi in questo è abile e preciso. 

I capitoli iniziali, che raccontano Tommaso bambino, sono indubbiamente i migliori. L'infanzia di Tommy, il cui papà è mancato giovane lasciando un grande vuoto, è riscaldata dalla presenza della mamma, dei nonni materni, dei cugini e degli zii; una famiglia unita, borghese, una vita tranquilla, in un quartiere periferico, tra scuola, oratorio e interminabili giochi in cortile con gli amici. 

Procedendo con la lettura, mentre il piccolo Tommy, pagina dopo pagina, si trasforma prima in un ragazzino timido e quindi in un adolescente inquieto, ho iniziato ad accusare qualche problema di concentrazione (e sopportazione). Il romanzo procede seguendo la quotidianità del protagonista attraverso una serie di aneddoti e di episodi, manca però un collante, un intreccio narrativo forte che stuzzichi la curiosità del lettore e faccia da filo conduttore. Oltre a questo, che vista la mole del romanzo non è un problema da poco, mi sono resa conto che l'adolescente Tommaso, capitolo dopo capitolo, mi piaceva sempre di meno. 

Ora, credo di essere una lettrice piuttosto smaliziata, non ho bisogno di personaggi "amabili" per godermi una bella storia, anzi. Il punto è che Tommy Bandiera finisce, strada facendo, per incarnare i peggiori difetti di una certa gioventù violenta, noncurante, incapace di distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato. Tommaso non è un leader, non ha una grande personalità, non è in fondo nemmeno un cattivo ragazzo, è semplicemente uno che si lascia trascinare dagli amici e dalle circostanze. È un bullo "per caso", un ultrà del Bologna capace di macchiarsi del sangue dell'avversario senza un motivo, è un adolescente annoiato che sogna in grande e pensa di realizzare i propri sogni spacciando in giro per la città. 

Un ritratto generazionale realistico, affrontato forse con un po' troppa leggerezza; mi ha infastidito, ad esempio, l'indulgenza che l'autore dimostra nei confronti dei molteplici atti vili e violenti che vedono protagonisti Tommaso e i suoi compari. Ho atteso fino all'ultimo una presa di coscienza, non dico una redenzione, ma almeno una punta di rimorso per i dolori arrecati, niente. Il messaggio implicito che ne consegue, ovvero che si tratti di banali "ragazzate", mi ha lasciata parecchio perplessa e un po' rattristata (non entro nei dettagli della trama, ma vi assicuro che non stiamo parlando di scherzi da oratorio). 

Tu che sei di me la miglior parte è un romanzo che offre anche momenti teneri e coinvolgenti, l'educazione sentimentale del protagonista, il suo amore per la sfuggente e bellissima Ester, il rapporto con gli amici d'infanzia Athos e Selva,  con la madre e gli zii, la storia politica e sociale del nostro paese che fa da sfondo a quella di Tommaso, momenti che finiscono però per perdersi tra le tante, troppe pagine dedicate al calcio, alla curva del Bologna con i suoi tifosi irriducibili, alle trasferte macchiate di sangue, alle droghe più o meno leggere, agli sballi. 

Brizzi è un bravo narratore, il suo stile è preciso, ma questo romanzo è davvero troppo lungo e macchinoso. Più volte ho avuto la tentazione di abbandonare la lettura, non l'ho fatto attendendo una svolta, un guizzo, un momento che desse significato e profondità alla storia. Sono arrivata faticosamente alla fine, che non mi è dispiaciuta, l'ho trovata per certi versi ironica e azzeccata, ma il guizzo, personalmente, non l'ho trovato. 

Durante la lettura mi sono confrontata con Lea, ci siamo scambiate opinioni e sensazioni, ma nessuna delle due ha letto in anteprima la recensione dell'altra, quindi venite con me a scoprire il suo parere (che trovate qui), vi offrirà sicuramente altri spunti di riflessione.

Genere: la peggio gioventù.
Pagine: 543.
Voto:
 meno meno.

Commenti

  1. Ciao Tessa, ho letto le Vs due recensioni. E visto quanto scrivete, considerato anche che sono più di 500 pagg., non ho intenzione nemmeno di provare a leggerlo.
    Mi spiace perchè a settembre l'autore sarà a PordenoneLegge.
    Ma direi che proprio non mi interessa.
    Grazie a voi che come di consueto avete letto e ci avete commentato così bene questo romanzo, dandoci l'opportunità di una scelta consapevole.
    Ciao e buon inizio settimana, Marina

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    1. Grazie a te, Marina, che mi segui e partecipi sempre! È un romanzo che non ti consiglio, non credo ti piacerebbe. Senza nulla togliere al talento narrativo di Brizzi, che ho amato ne Il matrimonio di mio fratello. Un bacio.

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  2. In teoria potrebbe piacermi. In pratica, invece, so che patirei le quasi 600 pagine.
    Proverò Brizzi, ma partendo da qualcos'altro.

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    1. Se, come ha scritto Lea, è il fattore anagrafico a pesare sul nostro giudizio negativo, tu potresti sentirti più a tuo agio tra le pagine di questo romanzo. Rimane il problema lunghezza, e la mancanza di una vera trama. Inizia da Il matrimonio di mio fratello. Corposo ma decisamente bello.

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  3. Tutte e due abbiamo usato il termine guizzo. Siamo in sintonia ;-)
    Alla prossima. Lea

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    1. Per quanto riguarda Tommy Bandiera e le sue imprese... non potremmo essere più in sintonia! Forse è l'effetto età (nostra)!

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  4. Mi ritrovo perfettamente nella recensione di Tessa. Bella la rievocazione dell'adolescenza a cavallo tra 80 e 90 (mi sono diplomato nel 91), ma effettivamente il libro va avanti ad episodi, alcuni dei quali, sinceramente, gratuiti. Attendevo un finale diverso.

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  5. Brizzi mi è sempre piaciuto come narratore, ma "Tu che sei di me la miglior parte" mi ha deluso. Dopo un primo capitolo molto bello e a tratti poetico, quello sul padre di Tommy, la vicenda si fa via via più pesante e sgradevole. Le descrizioni delle innumerevoli volte che il protagonista fuma con i suoi amici tutti i tipi di droga più o meno leggera risultano troppo lunghe, compiaciute e senza alcun'ombra di disapprovazione (anzi); non manca una certa dose di violemza, e non ultima una certa insistenza sul sesso in tutte le sue declinazioni, non priva di una certa volgarità. Speravo in un erede del bellissimo "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", ma la freschezza di Alex del libro d'esordio di Brizzi è lontana anni luce dalle torbide vicende di Tommy. Peccato.

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