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Recensione: "Un giorno arriverò" di Silvana Mossano (ediz. Salani 2012) e qualche impressione su "La Masnà" di Raffaella Romagnolo.

Si tratta di due saghe familiari che raccontano le vicende di famiglie dell'Italia contadina nel corso di buona parte del secolo scorso. Entrambi i romanzi sono ambientati in Piemonte.
Non posso recensire il libro della Romagnolo perchè devo ammettere di non essere riuscita a finirlo, evidentemente è un mio problema, dato che "La Masnà" ha ricevuto ottimi e quasi unanimi consensi; io e la prosa della Romagnolo non ci prendiamo (qui il commento al suo ultimo romanzo "tutta questa vita"), spesso leggendo perdo il filo e lo stile per me non riesce ad essere evocativo (eppure il genere "sagone familiare" mi intriga e l'ambientazione nelle colline del Monferrato dovrebbe richiamare ricordi lontani della mia famiglia). 
Questioni di gusto!
Il romanzo della Mossano invece l'ho letto con interesse.


Trama:  Per Anita la "Merica" è un sogno, una speranza e un dolore. Un dolore perché sua sorella è emigrata laggiù per non tornare; una speranza perché lei vuole raggiungerla, e ricominciare una vita migliore, lontana dalla durezza della campagna e degli anni terribili tra la prima e la seconda guerra mondiale; un sogno perché ogni anno che passa sembra allontanare l'America sempre di più... Eppure Anita non si arrende e vive la sua vita, di fatica e lavoro, ma anche di piccole grandi gioie, in attesa del momento in cui raggiungerà finalmente il porto di Genova e salirà sulla grande nave per solcare la pianura liquida e sconfinata dell'oceano. Un giorno partirà, a dispetto di sua madre, di suo marito, di Mussolini e della guerra. E l'America, il Paese dove tutto è possibile, diventerà realtà. Un giorno... La Storia cammina accanto ai personaggi di questo romanzo, li tocca e li travolge; figure forti di donne, immerse nei profumi e nelle nebbie delle valli piemontesi, segnate da drammi che da piccoli e quotidiani diventano grandi e universali.

Il romanzo attraversa tutta la storia dello scorso secolo, dagli anni Venti fino alle soglie del Duemila, seguendo la vicenda della protagonista Anita (Nita), figlia di contadini di un casale piemontese, che vede partire la sorella appena sposata per “la Merica” ed insegue tutta la vita il sogno di raggiungerla.
E' un romanzo che racconta di donne, non c'è solo Nita, la protagonista, c'è una galleria di donne forti, orgogliose, piegate ma mai spezzate dal corso spesso tragico della Storia. Sono mamme, sorelle, mogli, suocere, cognate: un universo femminile raccontato nella sua quotidianità di vizi e virtù.
Il libro è ben scritto, in uno stile asciutto, lineare, senza grandi picchi, cosa che mi ha reso difficile, a volte, vista anche la drammaticità delle vicende raccontate, riuscire a creare una vera empatia con i protagonisti. 
Parole e detti in dialetto piemontese, utilizzati dall'autrice per rendere più vivide e forti certe situazioni e personaggi, donano immediatezza e vivacità al testo e sono stati, per me, piacevole ricordo di suoni e "sapori" della mia infanzia.
Ne risulta uno spaccato di vita rurale fatto da tanti episodi in "bianco e nero": la storia di Nita, del suo sogno di andare a "la Merica" e dei tanto ostacoli che troverà sulla sua strada; un racconto unico ed allo stesso tempo emblematico di quel periodo storico, un racconto che però raramente si tinge di colore. C'è molto dramma, fin troppo, tanto che all'inizio di ogni capitolo viene spontaneo chiedersi "quale altra tragedia capiterà?" ..e la tragedia arriva sempre, fin troppo prevedibile in certi casi!
Una storia ben scritta cui manca...un pò di luce!



    



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