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Recensione:L'estate fredda di Gianrico Carofiglio (Ediz.Einaudi, 2016).

Buongiorno Lettori, oggi vi parlo dell'ultimo fatica di Gianrico Carofiglio, L'estate fredda, romanzo che vede come protagonista il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, già conosciuto in Una mutevole verità (2014, Einaudi)

Che Gianrico Carofiglio sia stato uno dei miei scrittori del cuore, lo sapete un po' tutti, così come, se seguite il blog, sapete quanto i suoi ultimi lavori mi abbiano lasciata, per vari motivi, piuttosto indifferente. Purtroppo, mi trovo a dover confermare questa tendenza.
L'estate fredda è un romanzo che inizia bene, riportandoci indietro nel tempo fino all'estate del '92, a Bari, una stagione climaticamente fredda, ma rovente dal punto di vista delle stragi di mafia. È l'estate, ci ricorda la Storia, in cui vengono trucidati Borsellino e Falcone, negli stessi mesi il maresciallo Fenoglio si trova ad esser testimone di una guerra sanguinosa e intestina all'interno del clan malavitoso più influente della città, guerra che culmina con il rapimento del figlio, poco più che bambino, del capo clan.
Pur non amando particolarmente, per mio gusto personale, le storie di mafia, devo dire che i primi capitoli del romanzo mi sono piaciuti; ho gradito l'ambientazione a Bari, marchio di fabbrica di Carofiglio, il personaggio di Fenoglio, un piemontese trapiantato in Puglia, uomo colto, introspettivo, malinconicamente umano e anche l'indagine sul rapimento prometteva bene.
Poi, l'amara delusione. Ecco farsi avanti un pentito, è il giovane antagonista del capo clan, colui che è sospettato di aver iniziato la guerra all'interno dell'organizzazione: è disposto a "cantare", pur di ottenere protezione per sé e per la propria famiglia. E il romanzo si arena, almeno per quanto mi riguarda, nelle sabbie mobili di un lungo interrogatorio che ricostruisce le attività criminali del collaboratore di giustizia e fornisce una sorta di riassunto degli usi e costumi delle cosche mafiose, dal linguaggio alle modalità di affiliazione. Tutto questo nella lingua volutamente impersonale del verbale di confessione. Pagine di "burocratese", in soldoni, che ho personalmente trovato noiosissime, anche nei contenuti, spesso non necessari ai fini dell'indagine principale.
Quando il romanzo riprende la forma di racconto tradizionale, ahimè, io ero già piuttosto disamorata e irritata, e l'indagine del nostro Fenoglio, peraltro parca di colpi di scena, non è riuscita a ricatturare la mia attenzione. Ho finito il romanzo con fatica, e in conclusione, conoscendo le potenzialità dell'autore, ne sono rimasta delusa.
Carofiglio scrive bene, questo è indubbio, ma la scelta stilistica del verbale non paga, almeno per quanto mi riguarda, e anche il personaggio cede, verso la fine, a un filosofeggiare un filino troppo compiaciuto per i miei gusti.

Genere: Confessioni in commissariato.
Pagine: 352.
Voto:              
  meno-meno.
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Commenti

  1. Se penso che un giorno potrà capitarmi con Manzini...mi rattristo. Carofiglio era un grande amore, ma non ha resistito al passare del tempo. un bacio da lea

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    1. Noi siamo nei secoli fedeli! :)
      a volte sarebbe meglio pubblicare meno libri e solo quando si hanno idee originali. Sigh.

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  2. Ahia! Anche io amavo Carofiglio, più i primi che gli ultimi....peccato! Succede troppo spesso così: ami un autore e poi....forse vogliono scrivere troppo, quando raggiungono il successo, e quindi tirano là....mi dispiace davvero. probabilmente questo non lo comprerò, dopo averti letta

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    1. Ciao Dindi. Io sinceramente non amo le storie di mafia, forse partivo male, ma questo romanzo proprio non mi è piaciuto...

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  3. a me quest'ultimo di carofilgio e' piaciuto moltissimo, soprattutto per la storia, mentre il precedente con Fenoglio insomma.... pero' vorrei tanto tornasse Guerrieri!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ;)

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