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Recensione: Sto bene è solo la fine del mondo di Ignazio Tarantino (Ediz. Longanesi, 2013).


Cari lettori, oggi sono qui per raccontarvi un romanzo duro e coraggioso che mi ha particolarmente toccata, riportando alla memoria esperienze professionali e personali lontane, ma mai dimenticate. Sto parlando di Sto bene è solo la fine del mondo, libro d'esordio di Ignazio Tarantino, una storia che ci parla di libertà e della sua ricerca.
Sto bene è solo la fine del mondo è un romanzo basato su vicende in gran parte realmente vissute dall'autore, non si può parlare di una vera autobiografia, ma sicuramente verità e fiction si amalgamano perfettamente nel racconto accorato del protagonista, Giuliano, voce narrante di questa storia famigliare che diventa, pagina dopo pagina, denuncia contro ogni forma di dottrina che pregiudichi la libertà di scelta e pensiero.
Anni '80, in un paese del meridione, Giuliano, sei anni, cresce in una famiglia numerosa e umile; tanti fratelli, un padre frustrato e violento, una mamma remissiva, dedita alla cura della casa e dei figli. Questo fino al giorno in cui una coppia di signori ben vestiti e con una valigetta in mano, suona alla porta. È l'inizio della fine, la fine del mondo "ingenuo" di Giuliano, che vede mamma Assunta trasformarsi da donna mite e amorevole a inflessibile paladina del credo e delle regole della Società (non si fa mai un nome preciso, ma il riferimento ai testimoni di Geova è palese), un movimento religioso che promette ai suoi adepti la salvezza dall'imminente fine dell'universo. Le regole imposte dalla Società sono tante e difficilmente comprensibili per un bimbo di appena sei anni. Improvvisamente obbligato ad astenersi da qualsiasi festeggiamento, che si tratti di festine di compleanno a scuola, di Natale e Capodanno o di ricorrenze in famiglia, così come a evitare la compagnia degli amici non appartenenti alla Società, Giuliano è diviso: da una parte c'è il bimbo che vorrebbe ribellarsi e smettere di sentirsi diverso rispetto ai coetanei, dall'altra il cucciolo che per ottenere il sorriso e l'approvazione della sua mamma farebbe qualsiasi cosa. E così, sbalordito e troppo piccolo per comprendere appieno, Giuliano si presta alle ore di studio dei testi sacri, ai pomeriggi di preghiera nella Sala del Regno, e, qualche anno dopo, ad indossare, imbarazzato, un vestito elegante prestato da un confratello e a divulgare la Salvezza porta a porta.
Ho voluto bene fin da subito a Giuliano, ho provato per lui una tenerezza infinita, immaginandolo solo in un angolo della classe con un panino in mano, mentre i compagni si rimpinzano di torta e festeggiano un compleanno. Nel mio piccolo ho compreso la sua solitudine, quella sensazione di essere diverso, io, che da bambina per colpa di un banale problema di salute e di una mamma iper ansiosa, non potevo assaggiare alcuni cibi, ad esempio i dolci con il cioccolato, che rifiutavo in pubblico, con un po' di vergogna e raccontando a tutti che, no, la torta non la mangiavo perché proprio non mi piaceva. Se un po' di cioccolata bastava, all'epoca, a rendermi insicura, riesco solo in minima parte ad immaginare quanto pesante possa essere una quotidianità di divieti e di ricatti morali, come quella vissuta dal protagonista e dai suoi fratelli. 
Pagina dopo pagina ho assistito alla crescita di Giuliano, alla sua trasformazione da bambino a ragazzino, da adolescente a giovane uomo, la Storia degli anni ‘80 e ‘90 che si mescola alle piccole grandi vicende della sua famiglia sempre più indottrinata, sempre più rigida, sempre in attesa della fine del mondo. 

Ho sperato e tifato che Giuliano si strappasse di dosso la pesante coperta nera della fede nella Società, una cappa opprimente: niente musica, niente divertimenti, niente amore, nessuna esperienza fuori dalla Sala del Regno. Mi sono arrabbiata con Assunta, l'ho detestata per quei paraocchi e quella fede totalizzante, cieca ai disagi dei figli, sistematicamente riportati all'ordine, in caso di bisogno, con provvidenziali malori e violenze verbali. E dopo la rabbia, ho provato anche un po’ di pena per questa madre fragile, dalla vita difficile, che in fondo cerca di affrancarsi dalle botte del marito e trova sollievo e coraggio nel sentirsi parte di un "qualcosa" potente e avvolgente. 
Quando madre e figli arrivano a rifiutare cure mediche, disposti a sacrificare la vita in cambio della salvezza promessa dalla Società, ho sentito la rabbia e l'impotenza di certe giornate sfiancanti, il camice bianco addosso, affannata nel tentativo di spiegare a pazienti e parenti che una trasfusione di sangue può fare la differenza tra vivere e morire. Oggi, adesso, subito, senza dover attendere la fine del mondo. 
La libertà personale è preziosa, si fonda sulla libera scelta e fa un passo indietro solo quando rischia di invadere la libertà altrui. Coraggioso Giuliano che la insegue, la studia, l'accarezza più volte, privo del coraggio di abbracciarla completamente, fino al momento giusto. Coraggioso l'autore, ad affrontare un tema importante, spinoso, cercando di raccontare il punto di vista di tutti, senza puntare il dito alla ricerca di un colpevole. 

"It’s the end of the world as we know it, and I feel fine.
È la fine del mondo.
E sto bene".

Ne esce un romanzo, opera d'esordio, molto sentito, duro ma insieme tenero, una storia scritta bene e con intelligenza. 
Il libro non è esente da alcuni punti d' ombra, alcuni passaggi potevano essere snelliti, la figura del padre, nella seconda parte, è fin troppo evanescente, ma questo nulla toglie alla potenza di un racconto che tutti i genitori dovrebbero leggere: perché se è sacrosanto difendere e perseguire i propri ideali, che si tratti di fede, ma anche più banalmente di alimentazione o di scelte educative, altro è imporli ai propri bambini, specie quando si tratta di posizioni estremiste; loro non hanno possibilità di scelta, non mettiamoli nella posizione di sentirsi diversi o addirittura in pericolo. 
Un romanzo da leggere, per riflettere.

Commenti

  1. Letto un po' di anni fa, praticamente quando era appena stato pubblicato. Ricordo di essere rimasta anch'io, come te, basita davanti a certi passaggi, ai racconti di Ignazio su alcune vicissitudini e su come sua madre era sempre più rinchiusa in quella che appare, a tutti gli effetti, come una setta. Dopo la recensione, ebbi modo di parlare direttamente e privatamente con lui e di scoprire una persona che, per fortuna, era riuscita a mantenere la lucidità e il distacco necessari per capire che, spesso, anche gli affetti più profondi, possono farci del male.
    Un bacio

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    1. Ciao Soavissima, vado a leggermi la tua recensione! E' un libro toccante e si intuisce la lucidità dell'autore, che è stato davvero bravo nel raccontare una storia così dura e intima. Io mi sono scontrata un paio di volte con persone che rifiutavano sangue e terapie e proprio non sono riuscita a avere un dialogo, un muro di gomma. E la cosa mi fatto parecchia paura.

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  2. Ciao Tessa non conoscevo questo romanzo e non immaginavo che dietro a quel bambino illustrato in copertina potesse esserci tanta sofferenza. Sicuramente una trama molto forte, una storia ricca di spunti di riflessioni e allo stesso tempo dura. Una recensione molto sentita.

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    1. Nemmeno io lo conoscevo, me l'ha consigliato mia cugina e devo dire che l'impatto è stato molto forte. Sono contenta di averlo letto e te lo consiglio!

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  3. Stai rispolverando libri e autori che volevo leggere ma che, non so perché, avevo dimenticato. Prima o poi, leggo anche questo, brava. :)
    Ps. Ho finito Stassi, e senza troppo entusiasmo. Leggerissimo, piacevole, ma anche artificioso e forzato. Nì.

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    1. Questo romanzo me lo ero proprio perso, mi è stato consigliato e sono felice di averlo letto, recuperalo, prima o poi, non è una passeggiata di allegria, ma è scritto in modo molto intelligente :)

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  4. L'ho letto all'uscita, non avevo ancora il blog, quindi non resta traccia del mio pensiero nel virtuale. Forse ero abituata a letture molto leggere, non l'ho apprezzato, forse non l'ho nemmeno finito...Mi pento ora, dopo aver letto le tue parole, credo di averlo letto superficialmente...

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    1. Cuore, questo è un romanzo che, più di tanti altri, ha bisogno del tempo giusto e della predisposizione d'animo giusta. Anni fa non l'avrei finito nemmeno io, probabilmente. Magari troverai il momento giusto per riprovarci! Un bacio

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  5. Ciao Tessa,
    arrivo in ritardo dopo due serate di "divanite" acuta. La tua recensione era molto sentita e hai reso benissimo l'idea.
    Prima o poi lo leggerò.
    Lea

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  6. Lo lessi avidamente qualche settimana dopo la pubblicazione. L'autore ha fatto i conti con il proprio passato e ci ha trasmesso la sua esperienza, opportunamente romanzata. Bel libro. Mi colpirono due scene, due immagini: la mamma che nel periodo cattolico (parte iniziale del romanzo) entra in un santuario e si priva dei suoi modesti gioielli e ori di famiglia, per appenderli sulla statua di un santo; lui che, diventato un giovane uomo, va per citofoni e portoncini di ingresso degli appartamenti, come solitamente fanno i TdG, e cerca di capire, origliando i rumori, guardando lo spioncino (occhio magico) nella speranza che qualcuno accenda la luce e venga ad aprire... Straordinario il punto di vista di chi bussa. Noi ci immedesimiamo sempre con chi riceve la citofonata molesta, e invece Tarantino fa capire, perfino a un lettore ottuso come me, che anche questi benedetti TdG sono esseri umani, che hanno ansie, emozioni, aspettative...

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